domenica 2 maggio 2010

La conoscenza come bene comune

Sto leggendo un interessantissimo libro, il cui titolo è anche quello del post, di Charlotte Hess e Elinor Ostrom (Bruno Mondadori Editore, edizione italiana curata da Paolo Ferri), che raccoglie una serie di contributi sul tema del libero acceso alla conoscenza (è stata anche aperta una pagina dedicata su Facebook). Non ho intenzione di addentrarmi nelle questioni legate al copyright e alle possibilità di un suo ripensamento nell’era digitale (a tal proposito rimando al Blog di Ernesto Belisario per eventuali approfondimenti), ma di affrontare il tema da un punto di vista di opportunità. Le tecnologie e l’avvento del social web hanno trasformato la Rete e, di conseguenza, il modo di fare, produrre, condividere informazioni e conoscenza. L’utente è diventato un “prosumer” (neologismo creato dal futurologo Alvin Toffler nel 1980, formato dalle parole producer e consumer) e, in quanto tale, contribuisce direttamente ad aumentare e potenziare il Web e farlo diventare un immenso database di risorse in continuo aggiornamento. Una delle modalità di distribuzione e accumulo della conoscenza è l’operazione di condivisione dei link, strumento contenuto in tutti i social media oggi disponibili (su Facebook, per esempio, gli utenti ne condividono circa 25 miliardi ogni mese). Di recente ho letto una notizia sul Corriere della Sera relativa alla funzione “Like” (“Mi piace”), che è un modo per accrescere la popolarità di status, notizie, link, ecc. Ebbene, pare che il popolare social network stia puntando molto su questo “tasto” che è anche comparso sui siti web della CNN (“Recommend”) e di Internet Movie Database (“Like”). A breve potrebbe essere utilizzato su quelli di Wikipedia e del New York Times. Il potenziale, in termini commerciali, è evidente, ma credo anche a livello di diffusione di conoscenza, intesa come somma delle manifestazioni umane che comportano un accrescimento del sapere collettivo e, di conseguenza, del bacino di informazioni a cui dare maggiore o minore risalto. Si va, dunque, sempre più verso un mondo in cui sarà essenziale il libero accesso al sapere e il concetto di conoscenza come bene comune avrà un peso specifico decisivo. A questo si lega il fatto che uno degli aspetti più dirompenti di tutti i tool a disposizione dei prosumer è la portabilità, cioè accedere alle risorse proprie ed esterne praticamente da qualunque postazione. Jimmy Wales, fondatore del progetto Wikipedia, intervenuto al "Festival delle Città Impresa 2010", tenutosi a Borgoricco (PD) il 24 aprile 2010, con un talk intitolato “La conoscenza si sviluppa in rete”, ha sottolineato alcuni aspetti importanti sull’evoluzione del mondo nel XXI secolo, dove la gente ha sviluppato una profonda passione per l'informazione e la conoscenza. Nel 1972 Charles van Doren, uno degli editori dell'Enciclopedia Britannica, dichiarò che “l’enciclopedia ideale dovrebbe essere radicale e smettere di essere sicura”; in realtà non è stato così, nel senso che le enciclopedie sono state prodotte sempre con metodi tradizionali e di grande qualità. Wikipedia, invece, nasce da un’idea radicale: “immaginare uno mondo in cui ciascuna persona sul pianeta abbia libero accesso a tutto il sapere umano”. Il termine “free” è inteso come gratuito e libero e, quindi, i contenuti sono accessibili, liberamente modificabili e adattabili. Il progetto si fonda principalmente su due pilastri e cioè collaborazione e condivisione. Quest’ultimo fa anche da motore propulsore per molte iniziative nei paesi in via di sviluppo, basate sulla conoscenza di Wikipedia distribuita a persone che non possono accedere a Internet. A mio avviso, comunque, andrebbero aggiunti altri due pilastri a quelli citati poc’anzi: il volontariato e la neutralità. Wikipedia ha solo 35 dipendenti, ma oltre 100.000 volontari (tra sviluppatori ed editor) che permettono di ridurre i costi, ma anche di “controllare” la veridicità e l’attendibilità dei contenuti proposti, tanto che gli errori riscontrati sono in numero minore rispetto a quelli dell’Encyclopedia Britannica: è il potere dell’intelligenza collettiva. E ancora. Il materiale proposto punta a una forte neutralità dal punto di vista politico: spetta a Wikipedia dare informazioni il più possibile corrette, in modo che la gente abbia gli strumenti adeguati per farsi un’idea e poter decidere da sola.

Nell’introduzione al testo di Hess e Ostrom, scritta a quattro mani dagli stessi curatori del volume, ci sono alcuni concetti da sottolineare e che i personaggi a capo dei nostri sistemi politici ed educativi farebbero bene a tener presente. La conoscenza è cumulativa e ciò “genera vantaggi per tutti nella misura in cui l’accesso a tale patrimonio sia aperto a tutti” e, quindi, va considerata come un bene pubblico “dal momento che, una volta compiuta una scoperta, è difficile impedire ad altre persone di venirne a conoscenza” (p. 10-11). Chiudo con la citazione di una frase di David Wiley, presa dal video di un suo intervento, “Openess in Education”, e che è rivolta, principalmente, agli insegnanti: “the most successful educators share most thoroughly with the most students” (gli educatori con maggior successo condividono a fondo con la maggior parte dei propri studenti).
 
A proposito di diffusione della conoscenza, di seguito embedo un video (via Web 2.0 and Something Else) molto ben fatto sulla storia di Internet e sul passaggio dal time sharing al file sharing. Da far vedere anche in classe.
 

6 commenti:

Anonymous ha detto...

La conoscenza è un illusione. Se sei stupido più impari più presumi di sapere. Se sei una persona intelligente più diventi consapevole della tua ignoranza.

malbanese ha detto...

E' comunque un passo avanti rispetto a una condizione di partenza. Non credo che la conoscenza sia un'illusione, credo invece che sia l'unico mezzo per affrancare popoli e persone da condizioni di subalternità e sottomissione. E' la consapevolezza che ognuno di noi può dare un contributo al mondo e allo sdoganamento delle coscienze.

Anonymous ha detto...

La conoscenza sistematizzata implica la trasmissione dell'ideologia del sistematizzatore per cui difficilmente porta ad un affrancamento delle masse. Un enciclopedia, infatti, difficilmente presenta una riflessione critica circa il sapere che viene trasmesso ma si basa sulla visione di pochi illuminati. In questo senso wikipedia è un passo avanti poichè ha una posizione meno "nazionalistica" delle enciclopedie che l'hanno preceduta (è presente in molte edizioni in lingua diversa) e, inoltre, presenta un dibattito rispetto al sapere che viene trasmesso. Rimane però un pericolo quando comincia a diventare uno strumento universale, uno standard di riferimento. E' interessante notare come, ad esempio, molti nostri miti nazionali (la radio, l'università, Cristoforo Colombo...) ci vengano tolti a bella posta. Per un mondo che legge l'edizione inglese o spagnolo di wikipedia noi ci troveremo ad essere una presenza insignificante dal punto di vista tecnologico e scientifico.

malbanese ha detto...

Su questo sono d'accordo. Wikipedia rimarrà un grande strumento di democrazia del sapere se riuscirà a non diventare uno standard di riferimento. L'altro problema è un dato di fatto visto che le due lingue che hanno un maggior numero di voci in wikipedia sono proprio ingles e spagnolo, più che altro perché sono le due lingue più diffuse (assieme al cinese) sul pianeta.

Anonymous ha detto...

Il problema è che E' diventata uno strumento di riferimento quanto Google per le nostre ricerche. Si è creato un automatismo tra i due per cui se cerco qualcosa ho quasi sempre la voce di wikipedia. Questo comporta un processo non previsto dai creatori di Wikipedia. Loro auspicano che quello che si scrive lì abbia delle fonti bibliografiche importanti ora succede il contrario! Sono le fonti bibliografiche che copiano da wikipedia. Sempre più spesso articoli e libri sono costruiti saccheggiando wikipedia. Questo ci fa capire solo una cosa che una grossa fetta del sapere è considerato da chi sviluppa il sapere (professori, ricercatori, studenti...) routinario. Wikipedia non è più un punto di partenza per una ricerca ma sta diventanto il luogo di sintesi. L'omologazione culturale prima era imposta con la forza, poi con il condizionamento (televisione) e infine con la comodità (wikipedia). Meditate gente mediate...

malbanese ha detto...

Il rischio dell'omologazione è sempre dietro l'angolo. Sta a noi discernere le fonti e la loro accuratezza. Di più sta agli educatori, a tutti i livelli, ovviamente, evitare di adattarsi "per comodità" e incentivare la cultura e il piacere dell'approfondimento, della ricerca e della curiosità, evitando di fermarsi ai primi 4/5 link di Google o di altri motori di ricerca. Non bisogna mai dimenticare che sono strumenti. Solo quello. Noi abbiamo il "potere" di scegliere e lo dobbiamo applicare fino in fondo. Anche a costo di non essere del tutto "2.0", recandoci in biblioteca, se quello che abbiamo trovato in rete non ci soddisfa.

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